EUCARISTIA - DIFESA CONTRO LA MISCREDENZA E IL TRADIMENTO (Padre Zoffoli Enrico). Seconda parte.
IL GRANDE MOMENTO DEI LAICI.
EUCARISTIA - DIFESA CONTRO LA MISCREDENZA E IL TRADIMENTO (Padre Zoffoli Enrico). Seconda parte.
Denunciando la falsità di modi di pensare e di agire sempre più diffusi nel mondo cattolico, intendiamo avvertire specialmente il laicato dell’estrema gravità della crisi vissuta dalla Chiesa. L’assalto organizzato contro il dogma eucaristico tende a colpire il Sacerdozio, e, in esso, a sopprimere la Gerarchia per demolire la Chiesa come società visibile istituita da Cristo, propagata dagli Apostoli, presieduta da Pietro e Successori nella sede di Roma.
Ora, eliminata la Chiesa, resterebbe dissolto il Cristianesimo, ridotto ad uno dei tanti discutibili orientamenti religiosi dello spirito umano: esattamente secondo il programma del mondialismo massonico.
Se il Mistero Eucaristico è la sintesi di tutte le verità di fede (compresa quella della natura della Chiesa) e costituisce la profonda essenza della liturgia che lo esprime e celebra; segue che offendere il culto eucaristico equivale a tradire la fede. I nemici del Cristianesimo oggi hanno preferito colpire l’Eucaristia insinuando ed anche imponendo a livello liturgico delle novità le quali — contro la lettera e lo spirito della riforma inaugurata dal Vaticano II — mirano ad estinguere insensibilmente nei fedeli la più illuminata e amorosa venerazione del Santissimo.
Contro tale congiura insorge la coscienza cristiana di un popolo, troppo spesso ignaro, timido, passivo. Se “Gesù sarà in agonia sino alla fine del mondo”, proprio per questo, secondo Pascal, “durante questo tempo, non bisogna dormire”.
La missione dei laici, riconosciuta solennemente dal Concilio, impone ad essi il dovere di scuotersi per salvare la Chiesa, come già in altri tempi, e difenderla soprattutto dai suoi nemici interni; i quali, sedotti dal peggiore ecumenismo, tentano di abbatterla, trascinandola nel vortice di una esegesi biblica inquinata di storicismo e agnosticismo.
Suprema guida per tutti non è l’opinione di biblisti e teologi, e neanche il magistero e la prassi di questo o quel Vescovo, di questa o quella Conferenza episcopale; ma la Parola del Papa come Maestro della Chiesa universale, interprete personalmente infallibile della Rivelazione. Vero è e sarà soltanto quel che Egli, in armonia con la Tradizione Cattolica, continuerà ad insegnare specialmente sul mistero eucaristico, che riassume tutti i misteri, e fonte di tutti i poteri, assicura la santità e la salvezza a tutti i credenti.
Ora, eliminata la Chiesa, resterebbe dissolto il Cristianesimo, ridotto ad uno dei tanti discutibili orientamenti religiosi dello spirito umano: esattamente secondo il programma del mondialismo massonico.
Se il Mistero Eucaristico è la sintesi di tutte le verità di fede (compresa quella della natura della Chiesa) e costituisce la profonda essenza della liturgia che lo esprime e celebra; segue che offendere il culto eucaristico equivale a tradire la fede. I nemici del Cristianesimo oggi hanno preferito colpire l’Eucaristia insinuando ed anche imponendo a livello liturgico delle novità le quali — contro la lettera e lo spirito della riforma inaugurata dal Vaticano II — mirano ad estinguere insensibilmente nei fedeli la più illuminata e amorosa venerazione del Santissimo.
Contro tale congiura insorge la coscienza cristiana di un popolo, troppo spesso ignaro, timido, passivo. Se “Gesù sarà in agonia sino alla fine del mondo”, proprio per questo, secondo Pascal, “durante questo tempo, non bisogna dormire”.
La missione dei laici, riconosciuta solennemente dal Concilio, impone ad essi il dovere di scuotersi per salvare la Chiesa, come già in altri tempi, e difenderla soprattutto dai suoi nemici interni; i quali, sedotti dal peggiore ecumenismo, tentano di abbatterla, trascinandola nel vortice di una esegesi biblica inquinata di storicismo e agnosticismo.
Suprema guida per tutti non è l’opinione di biblisti e teologi, e neanche il magistero e la prassi di questo o quel Vescovo, di questa o quella Conferenza episcopale; ma la Parola del Papa come Maestro della Chiesa universale, interprete personalmente infallibile della Rivelazione. Vero è e sarà soltanto quel che Egli, in armonia con la Tradizione Cattolica, continuerà ad insegnare specialmente sul mistero eucaristico, che riassume tutti i misteri, e fonte di tutti i poteri, assicura la santità e la salvezza a tutti i credenti.
1. Il dogma eucaristico è compreso vitalmente nel contesto della Rivelazione Cristiana, che
parte dal fatto storico del peccato originale e di tutti quelli personali commessi dall'origine
alla fine del mondo.
2. La Redenzione, contemplata nel decreto della misericordia redentrice di Dio, implica una
soddisfazione della sua giustizia, possibile all'uomo soltanto per la mediazione espiatrice di
Gesù, Verbo Incarnato.
3. Gesù ha compiuto la sua missione sacrificandosi sulla croce: la sua Offerta cruenta è
perfetta, unica, universale, valida per le generazioni umane di tutti i tempi; le quali solo
partecipando alla medesima, nella morte della penitenza, possono goderne i Frutti nella
vita e nella gioia della sua risurrezione.
4. Il Sacrificio della Croce è quello medesimo reso presente sull'altare ogni volta che il
sacerdote consacra pane e vino, mutati nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Perciò, se i Giudei
videro e udirono il Salvatore morente, oggi i credenti contemplano l'identico Salvatore
nell'atto stesso della sua Offerta attraverso il velo delle apparenze (= accidenti) del pane e
del vino che, distintamente consacrati, riproducono simbolicamente la violenta separazione
del Sangue dal Corpo della Vittima divina, il vero Agnello che toglie i peccati del mondo.
5. La Messa, essendo la stessa Immolazione di Cristo celebrata sotto le specie del pane e del
vino, è anche convito, tale però da offrire in cibo e bevanda la carne crocifissa e il sangue
versato dal Salvatore, invitando i fedeli a trasformarsi spiritualmente in Lui, Vittima di
espiazione, sì da partecipare alle sue disposizioni sacrificali e rinascere ad una vita nuova
che prelude alla risurrezione finale.
6. Dunque, la Messa è il rito che celebra principalmente il Sacrificio della Croce, non un
banchetto di festa che esalta la gloria della Risurrezione. Anche se attualmente risorto e
impassibile, Gesù ha voluto che la Chiesa, nel mistero eucaristico, celebrasse la sua
Passione e Morte, unica Causa meritoria della nostra salvezza. Egli ci ha redenti non
risorgendo, ma morendo. La Risurrezione è effetto-premio della Morte, come la Morte (e
Morte di amore!) è germe della risurrezione.
7. La Messa è l'identico Sacrificio della Croce perché Chi veramente la celebra - mediante il
suo ministro - è lo stesso Gesù, presente sotto le specie del pane e del vino,
transustanziati nel suo Corpo e nel suo Sangue. Ed è per questa sua reale e sostanziale
presenza che la Comunione eucaristica consente ai fedeli di unirsi con Lui anche secondo la
sua Umanità, quella propria della persona del Verbo.
8. La presenza di Lui, realizzata in virtù della transustanziazione persevera in tutti i frammenti
del Pane eucaristico; che perciò sono adorabili non meno dell'intera Ostia consacrata. Essa
dura finché le naturali proprietà del pane restano inalterate, fungendo esse da segno
indicativo di quella presenza. Ne consegue il dovere di tutti gli atti del culto eucaristico.
9. Chi rifiuta la reale e sostanziale presenza di Cristo nel sacramento dell'altare, logicamente
deve negare anche il Sacrificio Eucaristico, e quindi il sacerdozio, l'Ordine sacro, la
Gerarchia, la Chiesa come società visibile coi suoi poteri, e perciò l'infallibilità del suo
Magistero; infine lo stesso Cristianesimo quale Rivelazione divina e, in questa, il supremo
criterio di verità e di certezza per ogni credente.
10. La Messa è celebrata dal sacerdote operante «nella stessa persona di Cristo», non dai
fedeli; i quali perciò possono essere assenti, anche se la loro partecipazione è vivamente
raccomandata. La Messa dunque, non è costituita essenzialmente dall'assemblea dei fedeli
e neppure dalla loro comunione. Essa è il «sacramento del Sacrificio» di Cristo, che da solo
basta a soddisfare la giustizia del Padre e redimere il mondo.
11. Altro è il sacerdozio ministeriale dei «presbiteri» che rappresentano il Cristo-Capo, dal
sacerdozio comune dei fedeli, per i quali il Cristo (nei suoi ministri) intercede presso il
Padre. Se Gesù, offrendo se stesso, offre anche i fedeli, membri del suo Corpo; i fedeli
offrono se stessi in Lui e per Lui, partecipando alle sue disposizioni di Vittima.
12.Se le Messe sono numericamente molte, uno e irripetibile però resta il Sacrificio della croce
da esse ripresentato in ogni luogo e tempo. Perciò si moltiplica «il segno» (= sacramento),
non la Realtà significata, ossia il Mistero della Morte espiatrice e redentrice di Cristo; com'è
certo che, se si moltiplicano le «ostie consacrate», la Sostanza del Corpo di Cristo resta
numericamente identica, immoltiplicata e immoltiplicabile, ovunque si celebra il Sacrificio
eucaristico. Tutto ciò è possibile solo per la totale conversione della sostanza del pane e del
vino nella sostanza, non nelle dimensioni naturali dell'Uomo-Gesù, le quali gli avrebbero
impedito di essere contemporaneamente in molti luoghi.
13. Una è la Messa concelebrata da molti sacerdoti, perché uno è il rito a cui essi partecipano e
una, indivisibile, la consacrazione di tutti, anche se ciascuno ha le sue particolari intenzioni.
14. Il valore della Messa concelebrata da molti sacerdoti non è maggiore di quello della Messa
individuale, perché nell'una e nell'altra identico è il Sacerdote: Gesù, principale Offerente
e principale Vittima offerta. Non da altri dipendono la dignità e l'efficacia salvifica del
Sacrificio, anche se molti «ministri» rivelano l'unità del loro «ministero», sempre
essenzialmente relativo al sacerdozio di Cristo.
15. Il Sacrificio della croce - reso evidente nella Messa - , essendo il supremo atto di amore di
Gesù al Padre (e a noi), riassume e concentra in sé tutti i misteri rivelati, l'amore di Maria e
di tutti gli Angeli, i meriti di tutti i Santi, superando in efficacia tutti i Sacramenti, tutte le
funzioni liturgiche, tutte le pratiche devozionali private e pubbliche, tutte le iniziative
pastorali, tutte le conquiste missionarie, perché tutto scaturisce dal valore infinito
dell'Offerta cruenta di Cristo, come da essa dipende la stessa gloria della sua (e nostra)
risurrezione, la santità e la beatitudine eterna dei fedeli.
16.Se ogni singola Messa ha tale e tanto valore, è certo che la pluralità numerica delle Messe
costituisce una miniera inesauribile di benefici per la Chiesa (Corpo di Cristo in incessante
sviluppo), per i singoli sacerdoti, per tutti i fedeli vivi e defunti. In realtà, la partecipazione
alla Messa, per quanto sia intensa e meritoria, tuttavia ogni volta - nel tempo - è sempre
finita e quindi capace di un perfezionamento sempre maggiore. Ed è per questo che la
Chiesa, nel moltiplicare il numero dei sacerdoti, virtualmente moltiplica il numero delle
messe, offrendo ai fedeli la possibilità di una partecipazione sempre più frequente e
fervente al Sacrificio eucaristico. Il bene, sempre limitato, ottenuto da molte Messe supera
quello percepito da una sola Messa. Perciò, nemico della Chiesa è chiunque pretende di
ridurre il numero delle Messe:egli è responsabile del più nefasto impoverimento della sua
vita, tendente a paralizzarne l'opera, screditarne il prestigio, esporla agli assalti più
micidiali di Satana.
17. La dignità trascendente della Messa esclude che la si possa vendere o comprare. L'offerta
dei fedeli esprime unicamente (come un suo simbolo) l'interna partecipazione di ciascuno
al Sacrificio eucaristico. Nessuno, per essa, può presumere di «appropriarsi» tutti i benefici
della Messa, com'è certo che le molte intenzioni particolari non la rendono meno valida che
se fosse celebrata soltanto per una: la luce del Sole è percepita indifferentemente da una
come da mille persone.
18. «Il sacerdote come ministro (...), deve avere un particolare senso del bene comune della
Chiesa che egli rappresenta mediante il suo ministero (...). Egli non può considerarsi come
“proprietario” che liberamente disponga del testo liturgico e del sacro rito come di un suo
bene peculiare così da dargli uno stile personale e arbitrario. Questo (...) è sempre
tradimento di quell'unione che, soprattutto nel Sacramento dell'unità, deve trovare la
propria espressione...» (Giovanni Paolo II, Domin. Cenae, 12).
19. Durante la Messa: si sta in piedi, quando si prega; si sta seduti, quando si ascolta; si sta in
ginocchio, quando si adora nei due momenti più sublimi della celebrazione: la
consacrazione e dopo la comunione. Il saluto finale del sacerdote annunzia il termine del
rito liturgico, ma non dispensa i fedeli che hanno ricevuto l'Eucaristia di restare in chiesa
per prolungare il dovuto ringraziamento al Signore.
20. «L'adorazione di Cristo in questo Sacramento di amore deve poi trovare la sua espressione
in diverse forme di devozione eucaristica: preghiere personali davanti al Santissimo, ore di
adorazione, esposizioni brevi, prolungate, annuali (quarantore), benedizioni eucaristiche,
processioni eucaristiche, congressi eucaristici (...). Tutto ciò corrisponde (...) ai principi
generali e alle norme particolari già da tempo esistenti, ma nuovamente formulate durante
o dopo il Concilio Vaticano II» (Giovanni Paolo II, op. cit.).
Padre Enrico Zoffoli, presbitero e teologo italiano (1915-1996).
Ordinato sacerdote il 29 aprile 1939 presso i padri Passionisti, si laurea in filosofia e inizia ad insegnare alla Pontificia Accademia di san Tommaso d'Aquino, venendo nel frattempo nominato esaminatore dei candidati alle ordinazioni sacerdotali dei Passionisti e confessore presso il loro Vicariato di Roma. Successivamente insegnerà anche alla Pontificia Università Lateranense.
E' anche noto per il suo sforzo per mettere in guardia i fedeli e la gerarchia della Chiesa contro quelli che egli riteneva essere gli errori dottrinali del Cammino neocatecumenale.
Padre Enrico Zoffoli, presbitero e teologo italiano (1915-1996).
Ordinato sacerdote il 29 aprile 1939 presso i padri Passionisti, si laurea in filosofia e inizia ad insegnare alla Pontificia Accademia di san Tommaso d'Aquino, venendo nel frattempo nominato esaminatore dei candidati alle ordinazioni sacerdotali dei Passionisti e confessore presso il loro Vicariato di Roma. Successivamente insegnerà anche alla Pontificia Università Lateranense.
E' anche noto per il suo sforzo per mettere in guardia i fedeli e la gerarchia della Chiesa contro quelli che egli riteneva essere gli errori dottrinali del Cammino neocatecumenale.
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